LAC Marche – Parco Monte San Bartolo fermi abbattimenti e gabbie trappola

Un metodo barbaro ed incivile, oltretutto del tutto inutile e controproducente ed utilizzato generalmente dai bracconieri quanto disposto dall’ Ente Parco. Infatti gli animali intrappolati in quelle gabbie soffrono e sono costretti a restare imprigionati in un tempo indefinito, tanto che si potrebbe anche prefigurare il reato di maltrattamento animale!
Ci chiediamo, infatti, come faccia l’Ente Parco a sapere quando le gabbie saranno piene di cinghiali, con quali tempistiche esse verranno monitorate dal personale preposto? L’Ente Parco dovrebbe infatti avere un registro di posizionamento e di ispezione. Poi che fine faranno i cinghiali catturati? Verranno abbattuti sul posto, ovvero dentro le gabbie stesse, oppure trasportati al più vicino mattatoio?
Peraltro, secondo il Piano di gestione del Cinghiale del Parco, sono ormai diversi anni che i cinghiali sul Monte San Bartolo vengono abbattuti con le carabine, grazie all’ausilio dei cacciatori dell’URCA. La Legge 394/91 dice però chiaramente che “il Parco può prevedere eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, solo per ricomporre squilibri ecologici accertati dallo stesso. Prelievi e abbattimenti devono però avvenire su iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente Parco, ed essere attuati dal personale interno o da persone all’uopo espressamente autorizzate dall’Ente Parco stesso.
Quindi la Legge nazionale prevede catture ed uccisioni esclusivamente per “comprovati squilibri ecologici accertati e sostenuti da studi scientifici” e non come semplice misura di prevenzione. Secondo i dati riportati nel Piano di gestione del Cinghiale del Parco e ricavati dalle foto trappole posizionate in vari punti, la presenza del cinghiale nell’area protetta risulta essere minima, quindi perché l’Ente Parco ha adottato subito dei metodi cruenti per il “controllo”, come l’abbattimento con la carabina ed ora anche l’uso delle gabbie-trappola? La funzione di un Parco naturale, infatti, non è quella di far divertire ed esercitare allo sparo i cacciatori utilizzati per il “controllo” della fauna selvatica e di regalargli poi i cinghiali abbattuti, permettendo loro anche di guadagnarci sopra con il commercio della carne di questi animali.
Tutto questo, a nostro avviso, è eticamente immorale ed in aperto conflitto con i valori e gli ideali stessi di un Parco, che gli animali li dovrebbe invece proteggere e non far ammazzare! Il problema è che ormai quasi tutti gli Enti Parco operano in questo modo, anzi, fanno anche di peggio, come ad esempio il Parco del Conero e il Parco Gola della Rossa e Frasassi, che vendono direttamente ai mattatoi i cinghiali abbattuti e con il ricavato rimborsano i danni prodotti dagli stessi alle colture agricole o degli incidenti stradali da loro causati. Di fatto, però, in questo modo hanno creato un pericoloso circuito vizioso che non avrà mai fine, perché si alimenta da solo, grazie alla strategia di conservazione che il cinghiale mette in atto, aumentando il proprio tasso di riproduttività e quindi la sua capacità di diffusione sul territorio.
Secondo i più recenti studi faunistici effettuati sulla specie cinghiale, infatti, i metodi migliori che dovrebbero essere utilizzati sono le recinzioni elettriche e i dispositivi ottici, acustici ed olfattivi, peraltro previsti dalle leggi vigenti che, laddove adottati, hanno dimostrato di tenere lontani i cinghiali dalle strade e dai campi coltivati, senza la necessità di abbattere gli animali.
Si veda in proposito il Progetto LIFE Strade, finanziato anche dalla UE, in collaborazione con il CRAS Marche, che proprio in Provincia di Pesaro ed Urbino si sta sperimentando da anni con ottimi risultati. Chiediamo quindi ai dirigenti dell’Ente Parco del Monte San Bartolo di recedere dall’utilizzo di queste gabbie-trappola, come pure dagli abbattimenti effettuati con le carabine, rivelatisi evidentemente inefficaci e controproducenti e di adottare invece nel parco i metodi incruenti previsti dalla legge.
Danilo Baldini responsabile LAC Marche

 

 

 

 

 

 

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