SE IL FILETTO E’ DI ZEBRA PER LE FINANZE UE DIVENTA ESENTASSE
Parlando di privilegi in materia tributaria, quelli riguardanti l’importazione di carni di selvaggina sono forse fra i più inspiegabili.
Ogni volta che una nave o un aereo cargo sbarcano grandi o piccole quantità di quarti e bistecche, ritenute idonee dal punto di vista sanitario, ben diversi saranno i diritti di confine che la dogana è tenuta riscuotere. Importando dall’estero carni di zebra o di canguro, piuttosto che quelle bovine o i prodotti della pesca, da immettere in consumo nell’Unione europea, saranno da “figli e figliastri” i dazi (e di riflesso anche l’IVA), calcolati in percentuale del valore delle merci.
Infatti, una volta che sia stato determinato il valore del carico, vengono poi prese in considerazione la tariffa doganale e l’ origine della merce per poter calcolare il dazio doganale totale dovuto per il prodotto.
Il dazio doganale proveniente dalle merci importate nell’UE corrisponde a circa il 14% del bilancio totale dell’UE e rientra nelle “risorse proprie tradizionali”. A partire dal 1° gennaio 2021, i Paesi membri mantengono il 25 % dei dazi incamerati, a copertura delle spese di riscossione.
E quando si afferma che, talvolta, la proverbiale mano destra non sappia cosa fa la sinistra, forse gli uffici della Commissione UE dovrebbero spiegare per quale motivo specie selvatiche di cui è bandito il commercio internazionale anche di parti e prodotti derivati, come balene, lamantini o tartarughe marine, figurino poi negli elenchi della tariffa doganale.
La UE stessa, va precisato, è parte contraente della Convenzione di Washington – (conosciuta con l’acronimo C.I.T.E.S.) sulla regolamentazione del commercio internazionale di specie minacciate.
Tornando ai tributi per le diverse tipologie di carni che si importano nell’Unione Europea, scopriremo, ad esempio, che il dazio applicato ai prodotti di allevamento spazia dal 6,4% sul valore commerciale di un lotto di carne di piccioni domestici, al 9% per quella di renna, oppure è pari a 21,4 euro ogni 100 kg. netti di lardo suino fresco.
Soltanto per una voce nel campo delle carni compare la dicitura “esenzione”: si tratta della selvaggina.
In altri termini, il fatto che una partita di merce a base di carne derivi da esemplari abbattuti in natura, in quanto appartenenti a popolazioni di specie viventi allo stato selvatico, la mette al riparo dai dazi comunitari, qualunque ne sia l’origine e la provenienza extra-UE.
Il motivo è ignoto. Un malinteso terzomondismo ? Difficile pensarlo, parlando di regole applicate anche a “prodotti” spediti dal nord-America o dall’Oceania, per i quali non si porrebbe teoricamente neppure il tema del sostegno ad economie fortemente svantaggiate su scala globale.
Le note esplicative comunitarie per l’applicazione della tariffa doganale, pubblicate nella gazzetta ufficiale UE, si premurano di citare come esempi significativi di carni “a dazio zero”, tra i mammiferi : cervi, alci, antilopi, gazzelle, orsi e canguri; fra gli uccelli: oche selvatiche, anatre selvatiche, ortolani, pernici e struzzi.
Chissà che qualche eurodeputato neo-eletto a Strasburgo non trovi il tempo di ficcare il naso nelle contraddizioni di una materia ancora sottovalutata anche dai più ferventi difensori della vita selvatica.
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