IL CACCIATORE UBRIACONE RISCHIA SEMPRE LA LICENZA
Il Decreto del Ministero Sanità 28/4/1998 che fissa i “Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d’armi per uso difesa personale”
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1998/06/22/098A5324/sg
impone l’assenza di disturbi mentali, di personalità’ o comportamentali.
In particolare, non deve riscontrarsi dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool.
Costituisce altresì causa di non idoneità l’assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l’abuso di alcool e/o di psicofarmaci.
Inoltre anche per il Testo Unico di Pubblica Sicurezza (art. 43, comma 2, R.D. 773/31) la licenza può essere ricusata a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi.
Nel solco della costante giurisprudenza in materia di abuso di alcool e di porto di fucile si inserisce anche la recentissima sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, n. 5 del 14/1/2025 n. 5 del 14/1/2025, con la quale è stata confermata la validità dei decreti del Questore di revoca della licenza ad un cacciatore con precedenti riscontri di guida in stato di ebbrezza con sinistro stradale.
I giudici amministrativi hanno ribadito la discrezionalità in materia in capo all’Autorità di Pubblica sicurezza, precisando -in premessa- che il nostro ordinamento, come insegna la Corte Costituzionale (sentenza n. 440/1993), non riconosce quale diritto assoluto ed incomprimibile del singolo il possesso di un’arma e l’utilizzo della medesima.
La condizione di inaffidabilità “non illogicamente ritenuta dall’Autorità di pubblica sicurezza giustifica e sorregge i provvedimenti di revoca e – per conseguenza – risulta allo stato priva di fondamento la pretesa del ricorrente di ottenere il porto d’arma per esercitare l’attività venatoria, avente comunque natura eminentemente voluttuaria e non quindi connessa ad un diritto fondamentale della persona.”