Governo impugna la legge regionale Veneto 6/2019 in materia di falconeria – le motivazioni
Accolto l’esposto congiunto delle associazioni WWF, LAC, LIPU, ENPA, LAV .
Consiglio dei Ministri del 4 aprile 2019
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http://www.affariregionali.gov.it/…/dettaglioleggeregiona…/…
Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 “Addestramento e allenamento dei falchi per l’esercizio venatorio”. (8-2-2019)
Regione: Veneto
Estremi: Legge n.6 del 8-2-2019
Bur: n.14 del 8-2-2019
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 4-4-2019 / Impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni in materia di addestramento e allenamento dei falchi per l’esercizio venatorio, presenta, per i motivi di seguito specificati, profili di illegittimità costituzionale con riferimento a disposizioni che, violando le norme statali interposte sotto indicate, si pongono in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di.
Si premette che la disciplina in materia di addestramento e allenamento dei falchi per l’esercizio venatorio interferisce inevitabilmente con la materia prevalente della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema che, come noto, rientra in ambiti di competenza esclusiva statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione nonché come declinato dalla normativa interposta di fonte primaria costituita dall’articolo 19 della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
Presentano, in particolare, profili di incostituzionalità le seguenti disposizioni:
1. L’articolo 1, comma 1, lettera b), sostituisce il comma 3 dell’articolo 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2, come di seguito:
“3. Con l’iscrizione al registro di cui al comma 2 dell’articolo 2, il falconiere viene altresì autorizzato dalla Regione ad addestrare ed allenare i falchi durante l’intero periodo dell’anno, con divieto di cattura di fauna selvatica limitatamente ai periodi e laddove non è previsto l’abbattimento, nelle zone di cui all’articolo 18 comma 1 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, nonché a partecipare alle gare o alle prove cinofile di cui al comma 3 del medesimo articolo.”
Si rappresenta in proposito che, benché il comma 2 dell’art. 13 della Legge 157/1992 annoveri, tra i mezzi consentiti per l’esercizio venatorio, oltre al fucile e all’arco anche il falco, la previsione regionale precitata, che dispone senza limiti temporali e in tutto territorio regionale l’addestramento e il volo del falco, non offre adeguate garanzie di rispetto della normativa nazionale, non risultando possibile distinguere agevolmente tra attività di mero addestramento ed esercizio dell’attività venatoria in senso stretto, conservando i rapaci utilizzati gli istinti predatori, con conseguenti potenziali ricadute sulla fauna selvatica, in special modo nei delicati periodi di relativa riproduzione e dipendenza, ove risulta maggiore la vulnerabilità dei giovani appena involati.
La norma regionale quindi, prestandosi ad una surrettizia elusione dei limiti temporali entro i quali è consentita la caccia, viola l’articolo 18 della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, che indica le specie cacciabili e i relativi periodi entro i quali è consentita l’attività venatoria. Essa , pertanto, viola l’articolo 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione, in relazione ai citati parametri statali interposti.
2. L’articolo 1, comma 1, lettera c), introduce i commi 3 bis e 3 ter dopo il comma 3 dell’articolo 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2, che testualmente recitano:
3 bis. La Regione autorizza l’istituzione di apposite zone con periodi per l’addestramento e l’allenamento dei falchi accompagnati anche dai cani, con l’abbattimento della fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili.
3 ter La Regione per le finalità di cui all’art. 1 può avvalersi dei falconieri registrati ai sensi dell’articolo 2 in possesso dei requisiti specifici a svolgere attività:
a) Di controllo di cui all’art. 17 comma 2 della legge regionale 9 dicembre 1993 n. 50, di altri piani di controllo o di dissuasione di specie invasive;
b) Di riabilitazione dei rapaci in difficoltà di cui all’articolo 5 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50
La norma consente, pertanto, alla Regione di autorizzare l’istituzione di apposite zone con periodi per l’addestramento e l’allenamento dei falchi, accompagnati anche dai cani, con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili. Inoltre la Regione potrà avvalersi dei falconieri in possesso di requisiti specifici per svolgere attività di controllo o di dissuasione di specie invasive nonché attività di riabilitazione dei rapaci in difficoltà.
Tale previsione viola l’articolo 19, comma 2, della stessa legge n. 157 del 1992 che, seppur intestando alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, tuttavia introduce un elenco di soggetti autorizzati all’esecuzione di piani di abbattimento in cui non sono compresi i cacciatori (e tali sono anche i falconieri), che non siano proprietari o conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi. Per costante giurisprudenza costituzionale (si vedano, tra l’altro, le sentenze n. 139/2017 e 217/2018), l’elenco dei soggetti abilitati a porre in essere le forme di controllo della fauna selvatica ha carattere “tassativo e vincolante” per le regioni, in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di talchè una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e unifome di tutela dell’ambiente. La disciplina dettata dalla norma regionale determina, pertanto, una riduzione del livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente prescritto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva e quindi una lesione di quest’ultima, violando il riparto di attribuzioni e competenze tra Stato e Regioni come disposto dall’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle disposizioni sopra indicate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.