A CHI CONVIENE IL LUPO CATTIVO?

Non passa giorno che le cronache dei giornali o le pagine dei social non riportino foto, video e notizie allarmistiche ed inquietanti che hanno come protagonisti dei lupi famelici che sbranano intere greggi o che si aggirano furtivi per le vie delle città, pronti ad assalire gli ignari passanti. L’ultimo caso, in ordine di tempo, sarebbe avvenuto vicino Gradara (PU), dove una donna, titolare di un’azienda agricola, sarebbe stata circondata da un branco di 8 lupi e si sarebbe “salvata” dalla loro sicura aggressione solo brandendo una pala ed urlando, mettendoli così in fuga!

Peccato però che, leggendo tra le righe dell’articolo, il giornalista scriva che non si trattava in realtà di lupi, ma di “animali ibridi”, ovvero incrociati con i cani, ignorando però che un “ibrido” è il prodotto di un incrocio tra due specie diverse che differiscono per più caratteri, come ad esempio il mulo, che è il risultato dell’accoppiamento tra un asino ed una cavalla e che proprio per questo genera un individuo sterile, quindi non più capace di riprodursi.

Dal punto di vista biologico non si può invece definire “ibrido” l’incrocio tra un lupo ed un cane, essendo quest’ultimo una sottospecie del primo, ed avendo essi al 99,8% l’identico DNA, per cui si dovrebbe parlare semplicemente di “cane – lupo”, come lo sono infatti i cani lupi cecoslovacchi, i cani pastori tedeschi, i siberian husky ecc…

Quindi gli animali che avrebbero attaccato la signora di Gradara non erano dei lupi, ma quasi certamente dei cani inselvatichiti!

Del resto, il censimento più recente effettuato da ISPRA, indica in circa 3.000 il totale dei lupi in Italia, mentre si stimano in oltre un milione i cani inselvatichiti e randagi nel nostro Paese. Da queste cifre, si comprende facilmente come siano elevatissime le probabilità che a compiere la stragrande maggioranza degli attacchi agli allevamenti o agli animali domestici sia opera di cani e non di lupi! Peraltro, mentre il lupo si tiene ben lontano dall’uomo e lo teme, i cani inselvatichiti invece non ne hanno affatto paura, in quanto lo conoscono bene ed anzi nutrono nei suoi confronti molto rancore, trattandosi in maggioranza di cani appartenuti ad allevatori e cacciatori, che sono stati picchiati, maltrattati ed abbandonati da essi perché non adatti alla caccia o alla guardiania delle greggi.

Ma allora perché si continuano a titolare i giornali a caratteri cubitali al grido di “Al lupo, al lupo!”, ed a terrorizzare le persone avvisandole che questi animali sono pericolosi per l’uomo, quando in tutto il Pianeta, negli ultimi 150 anni, non sono mai stati registrati casi di attacchi all’uomo da parte di lupi?

Perché i giornali ed i social danno enorme spazio a queste “fake news” che servono solo ad inculcare nelle menti dei cittadini la falsa percezione di essere circondati ed invasi da questi predatori? Chi ha interesse a demonizzare ed a creare un clima di odio nei confronti di questo indispensabile animale, che svolge invece un ruolo fondamentale nella catena biologica?

La verità è che tutta questa campagna mediatica denigratoria, diffamatoria e di odio nei confronti del lupo non è creata da o in favore degli allevatori, l’unica categoria potenzialmente danneggiata, ma da ed a beneficio dei cacciatori, perché il lupo rappresenta ormai il loro maggior “competitor”, poiché in realtà le sue prede preferite non sono i bambini o i nostri cagnolini, bensì i cinghiali ed i caprioli, che guarda caso, sono anche quelle più ambite dai cacciatori!

Infatti, se il lupo dagli anni ’70 del secolo scorso, quando era quasi estinto in Italia, è aumentato di popolazione diffondendosi su tutto il territorio nazionale, lo dobbiamo proprio ai cacciatori che, sempre a partire dagli anni ’70 del novecento, hanno introdotto in Italia, per i loro scopi venatori, la sottospecie di cinghiale dell’Est Europa, molto più grossa e prolifera del cinghiale italico e che in pochi decenni si è diffusa su tutto il territorio italiano, diventando appunto la preda principale del lupo. Il motivo poi dei frequenti avvistamenti di lupi nei pressi dei centri abitati, dipende fondamentalmente da due fattori: il primo è che essi sono attratti dagli odori dei nostri cassonetti dell’immondizia e delle nostre discariche di rifiuti. Il secondo, più probabile, è che i lupi seguano le tracce delle loro prede preferite, appunto i cinghiali, i quali trovano rifugio nei parchi e nei giardini delle nostre città proprio per sfuggire alla caccia accanita che viene fatta loro dalle squadre dei cacciatori!

Quindi, si ritorna sempre al punto di partenza: se, rispetto a 40/50 anni fa, oggi ci ritroviamo i cinghiali e i lupi sotto casa o per le vie delle nostre città, lo dobbiamo alla caccia al cinghiale, che ormai rappresenta un’importante fonte di guadagno per i cacciatori, grazie alla rivendita dei capi abbattuti ai ristoranti di cacciagione.

E’ chiaro quindi come i destini del lupo e del cinghiale siano strettamente legati e interdipendenti, come pure che la causa della proliferazione e diffusione dei cinghiali (e quindi dei lupi) sia dovuta proprio all’azione dei cacciatori! Questi infatti, specie durante le “braccate” al cinghiale, uccidono le femmine capobranco, innescando un processo di destrutturazione dei branchi dei cinghiali, determinando l’aumento del tasso riproduttivo e la riproduzione precoce delle altre femmine subalterne e un maggiore tasso di dispersione sul territorio dei giovani, che poi sono quelli che creano maggiori danni alle coltivazioni agricole e che causano involontariamente più incidenti stradali.

Quindi è fin troppo evidente come siano proprio i cacciatori (con la complicità di politici e giornalisti) ad alimentare nell’opinione pubblica la falsa percezione di essere invasi dai lupi e dai cinghiali, per dimostrare (falsamente) che la caccia, specie quella al cinghiale, non possa essere abolita, ed anzi sia “indispensabile” per contenere il numero dei cinghiali, contrastare pericolose epidemie (vedi peste suina), limitare i danni all’agricoltura, ridurre gli incidenti stradali causati dai cinghiali ecc… Tutto ciò infondendo nell’opinione pubblica la falsa convinzione che la caccia sia un’attività utile e funzionale alla società, assecondando la narrazione del cacciatore come “sentinella dell’ambiente”, come “curatore della fauna selvatica”, per “motivi di sicurezza e di ordine pubblico”, per “motivi di salute pubblica” ecc…, argomenti questi che fanno, purtroppo, sempre molta presa nelle menti poco informate dei comuni cittadini.

Danilo Baldini – Delegato LAC Sezione Marche

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