LUPO: L’ITALIA RESPINGA LA PROPOSTA DI ABBASSARE LO STATUS DI PROTEZIONE

Abbassare lo status di protezione del lupo, come propone la Commissione europea, sarebbe una decisione fondata non su solide basi scientifiche, ma su motivazioni squisitamente politico-elettorali.

La proposta dev’essere quindi respinta, devono essere promosse e finanziate misure per assicurare la convivenza tra comunità locali e lupi e garantita all’opinione pubblica una corretta informazione sulla diffusione e la gestione della specie e dei grandi carnivori in generale.

Lo scrivono le associazioni LAC con  ENPA, LEIDAA, LAV, LNDC Animal Protection, OIPA, Pro-natura, WWF, in una nota indirizzata al governo italiano, alla vigilia della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue che inizierà a preparare l’incontro del Consiglio europeo ambiente sulla proposta, fortemente sostenuta dalla presidente Ursula von der Leyen.

Mancano veri fondamenti scientifici essenzialmente per due ragioni.

  • La prima: è ancora in fase di sviluppo, e non sarà pronta prima della fine di quest’anno, la metodologia per definire, in termini di habitat e territorio, l’effettivo status di conservazione di specie come lupo, orso, lince, sciacallo dorato.
  • La seconda: solo nel 2025 saranno disponibili i rapporti degli Stati membri, previsti dall’art.17 della direttiva Habitat, sulla consistenza e la struttura delle popolazioni di lupo e delle altre specie che godono di rigorosa protezione.

Peraltro sarebbe la prima volta che l’Ue europea presenta al Comitato permanente della Convenzione di Berna la richiesta di abbassare lo status di protezione di una specie, per di più iconica, in piena contraddizione con la propria agenda “green” di tutela della biodiversità e con l’opinione della maggioranza dei cittadini europei che chiedono più garanzie per la difesa del patrimonio naturale.

La proposta di abbassamento ha in realtà motivazioni politiche.

Il principale scopo dichiarato è evitare le predazioni di bestiame. Eppure, come evidenzia la valutazione condotta per conto della Commissione stessa, la caccia al lupo non riduce le predazioni.

Il problema esiste, ma è di portata locale e come tale dev’essere affrontato. Su larga scala i danni sono risibili, Per intenderci, ogni anno i lupi uccidono lo 0,065 per cento degli ovini allevati in Europa. Non solo: i livelli di predazione sono più bassi dove la presenza di grandi carnivori è stata continua rispetto alle aree in cui sono scomparsi e ritornati negli ultimi 50 anni. L’incidenza dipende anche dalla disponibilità di prede naturali, dalle caratteristiche del paesaggio e dall’utilizzo delle misure di protezione.

Ad oggi quindi la possibilità di declassare il lupo per poi consentirne le uccisioni da parte degli Stati membri è del tutto ingiustificabile. Ci sono altre soluzioni soddisfacenti, purtroppo ignorate, per agevolare la convivenza tra l’uomo e i grandi carnivori. In più si smentirebbero gli impegni internazionali dell’Unione, compreso l’ “Accordo-quadro globale sulla biodiversità di Kunming e Montreal” che sul tema ha la stessa importanza dell’accordo di Parigi sul clima.

Le associazioni si augurano, in conclusione, che l’evento finale di LIFE WolfAlps EU, tre giorni fitti di incontri tra specialisti e amministratori in programma dal 17 al 19 maggio, serva a consolidare la politica di rigorosa protezione seguita finora. Peccato che si organizzi a Trento, dove, l’anno scorso, è partito il primo tentativo (fallito) di uccidere dei lupi legalmente.

 

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