Sistematicamente c’è chi utilizza la diffusione della Peste Suina Africana come scusa per chiedere l’abbattimento dei cinghiali, raccontando che il cinghiale è portatore di Peste Suina Africana e perciò va abbattuto.

 

Ma è proprio così?

Iniziamo con lo spiegare che la Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, non trasmissibile agli esseri umani, contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. 

La trasmissione avviene fra animali tramite vomito, diarrea, zecche dei suini infetti o per contatto diretto fra suini ammalati con altri suini. I maiali già contagiati, trasportati per l’ingrasso in altri allevamenti, contaminano gli animali con cui vengono a contatto. Da varie ricerche si è appurato che il contagio salta da allevamento ad allevamento, se non si rispettano misure di igiene e biosicurezza.

Nei documenti della EFSA e del Ministero della salute, ad es., sono riportati casi di infezione dovuta a importazione di suini ammalati provenienti da paesi dell’est dove le misure di biosicurezza non sono state rispettate. Questa modalità di diffusione, definita appunto “fattore umano” è stata all’origine di casi nella Repubblica Ceca, in Ungheria e, presumibilmente, dei casi in Belgio.

Se i suini negli allevamenti non vengono a contatto con maiali importati e infetti, se si evita il contatto con selvatici ove i maiali sono detenuti allo stato brado o semi-brado, e, se si adottano misure igieniche negli allevamenti, l’epidemia si “spegne”.

L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) lo scrive in chiaro: “la circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia. “

La Peste suina africana (PSA) quindi, non si combatte mandando i cacciatori a uccidere cinghiali in tutto il territorio nazionale nell’eventualità siano ammalati. E, come attestano gli esperti dell’EFSA e varie ricerche scientifiche, la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa e i cacciatori possono fungere da vettori meccanici del virus, con il trasporto di carni infette degli animali cacciati e le loro prassi di eviscerazione. I cacciatori possono diffondere in maniera incontrollata il virus della PSA e degli altri agenti patogeni degli animali cacciati.

Tanto che, sempre nelle raccomandazioni per fermare la diffusione PSA leggiamo:

Misure drastiche come il divieto totale di caccia in alcune zone

potrebbe essere imposto per frenare l’epidemia.

 

 

Riassumendo, è vero che i cinghiali, se infettati, si possono ammalare di PSA, ma possono veicolare la malattia agli animali allevati solo quando vengono a contatto diretto con questi e tutto ciò può accadere solo con maiali allevati allo stato brado o semi-brado. Non può quindi accadere negli allevamenti intensivi, chiusi a doppia mandata, tanto diffusi nelle nostre Regioni.

Per sconfiggere la PSA serve utilizzare misure di prevenzione quali monitoraggio, igiene/biosicurezza, una corretta gestione dei rifiuti di origine animale e controllare le importazioni e i maiali all’entrata negli allevamenti. Chi strumentalizza questa malattia per chiedere più caccia, imputa colpe a una vittima, il cinghiale, non a chi la diffonde.

In Lombardia, Regione il cui Assessore all’Agricoltura invoca continuamente piani di abbattimento ai cinghiali e con il più alto numero di suini allevati in Italia, gli allevamenti di suini all’aperto sono 134, un numero esiguo rispetto alla totalità degli allevamenti al chiuso (vedi tabelle), seppure e come dicevamo, per evitare l’infezione e il contatto con animali selvatici è sufficiente seguire buone pratiche di igiene e recintare gli allevati. Senza dimenticare che finora non sono stati rilevati casi di cinghiali italiani infetti, se non in Sardegna dove vengono a contatto con suini allevati allo stato brado, semi-brado: infezione ora sotto controllo.

Numero di allevamenti all’aperto di suini in Italia:

 

fig. B2 fig. numero allevamenti di suini in Italia:

Tabella consultabile in https://www.vetinfo.it/j6_statistiche/#/report-pbi/31

 

Di seguito il video realizzato dall’EFSA rivolto ai Servizi veterinari, a tutte le categorie potenzialmente interessate e alle Associazioni venatorie, dove si evince che le braccate e i cacciatori possono veicolare le malattie dei selvatici, quando ci sono:

 

Nel portale del Ministero della Salute viene ribadito che i cinghiali selvatici, possono rappresentare uno dei mezzi di diffusione del virus, qualora dovessero entrare in contatto con allevamenti che non rispettano le norme di biosicurezza.

Immagine di GianMaria De Mia, Centro Referenza Nazionale Peste Suina IZS-UM Perugia in figura: il contagio è domestico. Gli animali stabulati non hanno contatto con i selvatici, la trasmissione è intra-allevamento.

 

Gli allevamenti intensivi comunque, interessati da continue epidemie zootecniche dovute alle condizioni di detenzione e dall’affollamento degli animali allevati, sono responsabili di un inquinamento del territorio che porta a malattie serie o mortali anche dell’uomo.

Questo dovrebbe seriamente preoccuparci e gli amministratori del nostro Paese dovrebbero occuparsi maggiormente della nostra salute, non di dare ascolto a chi vorrebbe nuovi via libera a fucilerie.

Prendiamo sempre ad es. la Lombardia, proprio perchè Regione con più alta densità di allevamenti di suini: Un comune lombardo su dieci non rispetta le prescrizioni della Direttiva Nitrati EU, a dirlo è la stessa Regione (L’Italia è già sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea (n. 2018/2249) per mancato adeguamento alla Direttiva nitrati).

In Lombardia vengono allevati 4 milioni e 300 mila suini, il 50% del totale Nazionale con 2716 allevamenti (vedi fig.B2). Brescia è la prima provincia con 1,4 milioni di capi, seguita da Mantova e Cremona.
Un inquinamento enorme nel territorio Lombardo, dovuto non solo ai liquami zootecnici dei maiali, ma anche alle deiezioni di 1,3 milioni di bovini e 31 milioni di polli, in gran parte abbattuti per le infezioni.
Nelle deiezioni sono contenute grandi quantità di azoto e composti azotati che, attraverso la distribuzione degli effluenti zootecnici come fertilizzante, si trasferiscono sui terreni agricoli e nell’ambiente. Quando l’accumulo di azoto è eccessivo, tra i composti azotati sono proprio i nitrati, in virtù della loro alta solubilità in acqua, che si trasferiscono più facilmente dal suolo ai corpi idrici superficiali e alle falde, mettendo a rischio la qualità delle acque.

Suolo + Acqua+ Aria avvelenati.

Gli allevamenti intensivi producono una larga fetta del PM10 (circa il 19%) e di altri inquinanti atmosferici come l’ammoniaca e sono responsabili del 37% delle emissioni di gas serra. Oltre al consumo di suolo e acqua, gli allevamenti intensivi con le deiezioni zootecniche, sono all’origine delle emissioni di ammoniaca, gas che si combina con i micidiali NOx per formare sali d’ammonio, che compongono fino al 50% del particolato sottile per cui l’Italia è sotto procedura d’infrazione europea. Due le procedure EU aperte quindi

Ma si antepone il business di pochi alla salute di tutti i cittadini. E la Lombardia, in primis l’assessore all’agricoltura Rolfi che già conosciamo per il suo impegno nel facilitare l’attività dei cacciatori, nonostante gran parte dei dati provengano dalla sua Regione, non inverte l’inquinante tendenza e favorisce gli allevatori con continue deroghe sullo smaltimento nei campi.

https://www.lombardianotizie.online/reflui-zootecnici-seconda-finestra/

 

Tutto in barba alle prescrizioni EU, volte a tutelare la salute delle persone e alle future sanzioni che verranno e che i cittadini dovranno pagare.

“Il limite di 170 chili/ettaro di azoto è superato in gran parte delle aree agricole di pianura delle province di Bergamo e Brescia, nella parte sudoccidentale e nordoccidentale (al confine con la provincia di Brescia) della provincia di Mantova, nel settore settentrionale della provincia di Cremona e in alcuni comuni della provincia di Lodi – si legge sui documenti ufficiali della Regione – in alcuni comuni viene frequentemente superato anche il limite di 340 chili/ettaro”.

Nell’11% dei comuni lombardi il numero dei capi allevati è talmente alto che il limite di legge non viene rispettato. “Alcune indagini hanno evidenziato una relazione tra l’esposizione cronica a nitrati ( derivati dell’azoto) e una maggiore incidenza di cancro negli adulti“, dichiara Carlo Modonesi, membro del Comitato scientifico dell’Associazione medici per l’ambiente (ISDE). Tanto che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), emanazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, li ha inseriti nel gruppo dei “probabili cancerogeni per l’uomo”. Per scongiurare il rischio di cancro, in realtà, “non esistono limiti minimi di sicurezza perché, nel caso specifico, il rischio zero è associato a concentrazioni pari a zero”.

 

 

E i cittadini lombardi come son messi a salute?

La regione Lombardia ha visto negli ultimi 3 anni 3 epidemie,

1) Legionella e polmoniti nel settembre 2018, migliaia di casi, 866 ricoveri ospedalieri, decine di decessi 

2) Meningite a Bergamo nel 2019

3) il nuovo Coronavirus che veicolato dall’inquinamento ha portato a migliaia e migliaia di ammalati e decessi. Codogno, da cui è partita la pandemia Coronavirus, è stato il comune più inquinato d’Europa nei primi 2 mesi dell’anno 2019. Riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione vi è una solida letteratura scientifica
che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico.

La PAC-(Politica Agricola Comune) potrebbe avere un ruolo nella riduzione dell’impatto degli allevamenti e nell’incentivare un’agricoltura migliore, ma paradossalmente, i fondi dell’Unione europea continuano a finanziare soprattutto gli allevamenti che si trovano nei comuni che hanno sforato il limite annuo di azoto per ettaro.

Lo sanno bene i pochi (non tutti) deputati del mov5s, che hanno votato contro anche alla nuova PAC approvata in Commissione EU, che ha visto la maggioranza dei parlamentari sottoscrivere ancora finanziamenti di cui beneficeranno soprattutto le grandi aziende agricole, responsabili degli enormi spandimenti zootecnici e che utilizzano concimi e pesticidi chimici. Una PAC a danno dei piccoli agricoltori virtuosi e che porterà ad un’ulteriore perdita di fertilità del suolo e di biodiversità e al peggioramento del cambiamento climatico. 

 

Chissà se nei prossimi giorni, con il continuo diffondersi di Pandemie e la presa di coscienza di tutti noi verso un pianeta che muore per nostre decisioni sconsiderate, i nostri amministratori locali, nazionali ed europei, prenderanno atto degli errori finora commessi, lasceranno in pace i cinghiali intraprendendo giuste azioni e invertiranno la rotta che sta portando tutti alla deriva.

 

 

DOVE SIAMO

Sede Legale:                        Via Ernesto Murolo 11  00145 Roma

 

Iscriviti alla Newsletter

LAC Lega Abolizione Caccia © 2024. All Rights Reserved.                                                   

C.F. 80177010156

IBAN: IT74 C030 6909 6061 0000 0119 336
BIC BCITITMM

oppure
Conto Corrente Postale: 31776206
torna