LAC: sulla peste suina i cinghiali non sono gli untori ma le vittime!
Abbiamo appreso dalla stampa che sul problema della peste suina africana, che sta dilagando da tempo in Europa ed ora anche in Italia, la Ministra dell’Agricoltura Bellanova, in accordo con il Ministero della Salute, avrebbe già inviato al Presidente del Consiglio Conte uno schema di decreto legge per affrontare questa emergenza.
Il fulcro di questo ennesimo decreto consisterebbe nell’adozione di un piano organico di gestione e controllo dei cinghiali, la cui realizzazione pratica verrebbe poi affidata, come al solito, ai cacciatori!
Ma cosa c’entrano i cinghiali con la diffusione della peste suina? Indagini sanitarie evidenziano come Ia circolazione di animali infetti, prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse, l’importazione di carni da paesi dell’est non controllate, sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia.
Indagini evidenziano che la peste suina africana si genera e si diffonde in quegli allevamenti intensivi di maiali, dove le condizioni igienico-sanitarie sono pessime e nei quali ci sono animali malati che fanno da “incubatoio” e quindi da diffusori del virus.
Come farebbero quindi i cinghiali, che sono animali selvatici e che vivono nei boschi, a contagiarsi con i maiali infettati dalla peste suina ed in più rinchiusi negli allevamenti a circuito chiuso?
L’unico modo che ci viene in mente sono quegli allevamenti allo stato brado, spesso abusivi, dove per la “moda” culinaria in voga oggi, vengono allevati insieme e fatti poi incrociare i cinghiali con i maiali, quest’ultimi provenienti, guarda caso, proprio da quegli allevamenti intensivi, dove come abbiamo visto è estremamente facile ammalarsi di peste suina! Da questi allevamenti, anch’essi peraltro mal tenuti e poco controllati, è molto probabile poi che qualche individuo malato di peste suina possa scappare e quindi andare ad infettare i cinghiali selvatici. La cui popolazione italica, comunque, dai dati in nostro possesso, non risulta al momento malata di peste suina.
Basterebbe quindi, come chiediamo da tanti anni, eliminare tutti gli allevamenti intensivi di maiali e chiudere definitivamente quelli abusivi “misti” di cinghiali/maiali sparsi sul territorio italiano, per prevenire alla fonte la possibilità di contagio.
Anche in questo caso quindi, i cinghiali vengono presi come “capro espiatorio” e trattati come fossero loro gli “untori” della peste suina, mentre in realtà sono solo le “vittime” di un giro di affari sempre più redditizio rappresentato dalla caccia al cinghiale e dalla conseguente “filiera” commerciale basata sulla vendita ai ristoratori dei capi uccisi durante le braccate.
Oltretutto, pensare di contenere il numero dei cinghiali e quindi con esso impedire il dilagare dell’epidemia della peste suina incrementando la caccia in braccata è quantomeno velleitario. Infatti, tutti i dati scientifici ed i censimenti faunistici effettuati negli ultimi anni dimostrano in modo inconfutabile come la proliferazione della popolazione del cinghiale e quindi anche l’aumento dei danni causati all’agricoltura e degli incidenti stradali, sia proprio la conseguenza diretta della maggiore pressione venatoria nei confronti di questa specie. Inoltre i cacciatori, in caso di infezione possono fare da veicolo.
Chiediamo quindi al Ministro Bellanova di concentrarsi di più sui problemi di cattiva gestione e di conduzione degli allevamenti intensivi, che sono i veri diffusori dei virus e non solo di quello della peste suina, come dimostrato purtroppo dalla pandemia del Coronavirus!
Danilo Baldini
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