Il costante foraggiamento artificiale a scopo venatorio nelle valli da pesca della laguna veneta, e non solo, spesso gestite come aziende faunistico-venatorie, al fine di attrarre grandi concentrazioni di anatre selvatiche, rappresenta una grave forma di squilibrio ambientale e una minaccia dal punto di vista della conservazione del patrimonio faunistico.
La situazione fa il paio con le scarse consistenze faunistiche nella laguna aperta, sottoutilizzata dagli anatidi a causa del disturbo venatorio, della cospicua circolazione di natanti e della contrazione della distribuzione dei popolamenti di fanerogame sommerse.
L’elemento della sicurezza resta fondamentale nel definire la distribuzione delle anatre, ma i quattro mesi di caccia rendono indisponibili aree e risorse trofiche per troppo tempo, specie durante il periodo di svernamento, a cui si sovrappone l’attività degli sparatori, rendendo la Laguna di Venezia tra i siti con la minore densità faunistica rispetto alle potenzialità teoriche.
Questa situazione fa da contraltare alle concentrazioni innaturali di anatidi nelle aree oggetto di pasturazione con mais ed altre granaglie, gestite dalle AFV ai fini garantire alla “clientela” carnieri abbondanti, in situazione di scarsi controlli (i punti di accesso sono sempre recintati) e cospicui passaggi di denaro in nero per l’affitto delle “botti” semisommerse; ricordiamo che per legge le A.F.V. non dovrebbero avere scopo di lucro.
Si pensi, invece, che negli USA il “Migratory Bird Treaty Act” proibisce a livello federale la caccia con l’ausilio di pasturazioni o comunque in ogni area ove si presuma siano presenti alimentazione o sali che attraggano gli animali selvatici; le sanzioni penali possono arrivare sino ad un massimo di 15.000 dollari o sei mesi di arresto, con facoltà del giudice federale di sospendere la licenza di caccia in tutti gli Stati dell’Unione