Contrariamente alle dichiarazioni esultanti del mondo venatorio, il reale numero dei cacciatori italiani (in base al numero dei tesserini e non al fuorviante numero delle licenze di porto di fucile, valido 5 anni) è in drastico calo ed è sotto la soglia dei 470.000. Brescia, la provincia che storicamente ha la densità venatoria più alta in Italia, quest’anno è sotto la quota 20.000 (19.400).
Non è tollerabile che persone armate entrino nei nostri terreni contro la nostra volontà -abolizione dell’art.842 cc– o che si rinunci a godere della natura in modo sostenibile (escursionisti, fruitori campagne,ecc) per paura di essere impallinati e per il mancato rispetto delle distanze di sicurezza da case e strade. Vi è necessità che il Governo intervenga, perché morti e feriti non sono causati da “fatalità”, come le cronache spesso riportano, ma da sistematiche violazioni della legge 157/92 e delle norme di sicurezza.
I cacciatori rappresentano solo lo 0,7% degli italiani, ma basta vedere le varie disposizioni in materia di caccia (“calendari venatori”) da sud a nord dello Stivale per rendersi conto di quanto le Regioni siano tenute sotto scacco da questa minoranza armata. La Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC) ha promosso una decina di ricorsi ai tribunali amministrativi regionali in tutta Italia per contrastare la legislazione regionale illegittima. Nel 2018 sono state impugnate presso la Corte Costituzionale una dozzina di leggi regionali perché in contrasto con disposizioni statali e comunitarie (in primis di Liguria, Marche e Lombardia) e quest’anno hanno fatto di peggio.
Situazioni regionali vergognose ce ne sono molte e la LAC intraprenderà azioni legali anche per quantificare i danni al patrimonio indisponibile dello Stato rappresentato dalla fauna selvatica e le eventuali responsabilità di politici e funzionari per la cattiva gestione e l’uso distorto di leggi e regolamenti. Quest’anno però vogliamo attribuire la nostra maglia nera alla Lombardia come peggior Regione che si è distinta in una gestione faunistica ai limiti della decenza. Iniziamo con il dire che non esiste un piano faunistico regionale, obbligatorio per legge e che il calendario venatorio (periodi e specie cacciabili) è illegittimo perché eterno e blindato con una legge regionale del lontano 2004 invece che con atto amministrativo. Passando per la deroga allo Storno, e la preapertura della caccia a Brescia, la vera aberrazione è stato il decreto approvato il 31 luglio dalla giunta regionale che contro il parere negativo dell’Ispra, del Ministero dell’Ambiente e contro l’Europa ha autorizzato l’uccellagione, con l’apertura dei roccoli, enormi impianti di cattura.
La cattura di uccelli selvatici ai fini di richiamo per la caccia da appostamento è stata oggetto di procedura di infrazione per la violazione della Direttiva Uccelli, con lettera di messa in mora nel 2014 ed è stata conclusa solo grazie alle modifiche della legge nazionale n.157/1992 con l’articolo 4 che vieta mezzi, impianti o metodi di cattura come le reti, poiché non selettive. Tale procedura è stata conclusa anche con l’impegno che non si replichino pratiche illegittime, messe in atto in modo sistematico negli anni precedenti dalle Regioni come Lombardia (come sistematiche sono state le vittorie della LAC in quegli anni davanti al Tar Lombardia). La stessa “banca dati dei richiami vivi regionale”, richiamata dal decreto è una farsa: è basata su autocertificazioni dei cacciatori, nessun controllo, nessun aggiornamento, nessuna tracciabilità (nel 2016 addirittura una modifica di legge regionale ha tolto l’obbligo di tracciabilità per gli uccelli da allevamento).
Un altro recente decreto regionale, in tre anni regala 600.000 euro di soldi pubblici a soggetti privati per la manutenzione dei roccoli, luoghi recintati, inacessibili, che sono spesso e volentieri parte integrante di villei: uno spreco di denaro per interessi privati
Per questo motivo sabato 21 settembre, alle ore 14.00 insieme alle associazioni – WWF, LIPU, ENPA, LAV, CABS, LEAL e molte altre – abbiamo deciso di organizzare a Milano un presidio in piazza d’Aosta/Palazzo Pirelli (Stazione Centrale) per una protesta pacifica ma severa.